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Il mondo di Mafiopoli

Durante la colonizzazione del selvaggio West americano, il Popolo degli uomini venne massacrato dall’esercito yankee nel corso delle sanguinose “guerre indiane”. La tribù pellerossa dei Sioux Dakota Hunkpapa era guidata dal grande capo e sciamano indiano Toro Seduto. In realtà il suo nome era Bufalo Seduto, o Tatanka Yotanka nella lingua dei nativi americani. Egli divenne famoso in seguito alla storica vittoria ottenuta nella battaglia del Little Big Horn contro le truppe comandate dal tenente colonnello George Armstrong Custer, soprannominato “capelli gialli”, grande capo dei “visi pallidi”.

Molto tempo dopo, nel mondo della mafia siciliana, esattamente a Cinisi, sovrastava e tuonava don Tano Seduto, come a Corleone troneggiava don Totò Seduto, mentre altrove spadroneggia qualche altro don Seduto sul trono. Ma la mafia non è tramontata con l’arresto dei boss più spietati, cioè Riina e Provenzano, braccati e latitanti per anni, improvvisamente catturati allorché si sono rivelati inutili come arnesi ormai vecchi.

La rivoluzione antropologica della mafia

Quella che è morta e sepolta è senza dubbio la mafia più arretrata, anacronistica e tradizionale, la mafia rurale messa sotto processo dalle inchieste dei giudici Falcone e Borsellino, uccisi proprio dai sicari della cosca più feroce e sanguinaria, all’epoca vincente, quella dei Corleonesi. Al contrario, oggi la mafia è più ricca e potente che mai, non è scomparsa solo perché non ammazza più come sua abitudine, con metodi brutali e truculenti, vale a dire usando le armi, minacciando e terrorizzando la gente, compiendo stragi cruente per eliminare fisicamente i suoi nemici, siano essi tenaci e audaci sindacalisti come Placido Rizzotto, intrepidi attivisti politici come Peppino Impastato, giudici onesti e integerrimi come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Ci sono altre mafie che continuano a massacrare le persone, ricorrendo ad eccidi eclatanti e indiscriminati: la Camorra dei Casalesi, la ‘Ndrangheta calabrese o alcune mafie straniere. La mafia siciliana evita di ammazzare perché si è in qualche modo “evoluta” e “civilizzata”, per meglio dire si è “mimetizzata”, in quanto non vuole più esporsi alle eventuali ritorsioni dello Stato, non intende più essere visibile per offrire l’impressione di non esistere più. Infatti rinuncia a mostrarsi, preferisce ripararsi dietro una facciata apparentemente più civile e rispettabile. Ciò significa che Mafiopoli non esiste più? Niente affatto. La mafia ha solo imparato a dissimularsi meglio.

Essa continua ad agire indisturbata, molto meglio di prima, in una veste moderna e aggiornata. L’assetto del potere di Mafiopoli si è modificato profondamente, riciclandosi in forme nuove e più sofisticate. Anche la mafia, quella arcaica e primitiva, ha subito un processo di rivoluzione capitalistica che ha generato una mutazione antropologica e culturale, la stessa che Pasolini ha descritto a proposito dell’odierna civiltà edonistica e consumistica di massa. Dunque, la mafia si è ristrutturata e globalizzata, diventando una holding company estremamente potente, una corporation tecnologicamente avanzata, un’impresa finanziaria multinazionale. Insomma, la mafia è a capo di un vasto Impero economico mondiale ed è oggi la prima azienda del sistema capitalistico italiano, una grossa compagnia imprenditoriale che può vantare il più ricco volume di affari del Paese.

Mafia S.p.A.

La mafia è diventata una complessa e potente società finanziaria privata, che potremmo chiamare Mafia S.p.A.: una Società per Azioni. Azioni criminali! Come criminale, o quantomeno immorale, è l’intero apparato economico capitalistico, le cui ricchezze sono di origine perlomeno dubbia. “Dietro ogni grande fortuna economica si annida un crimine”, scriveva Honoré de Balzac. Questa citazione mi serve per chiarire come la natura della proprietà privata, del grande capitale, delle immense rendite economiche, sia sempre illecita e sospetta, se non di origine criminale, in quanto discende da un atto iniquo di espropriazione violenta del prodotto, ossia del valore materiale creato dal lavoro collettivo. La matrice reale del sistema capitalistico è di per sé violenta e disonesta, come tenta di dimostrare Roberto Saviano nel suo best seller, Gomorra.

“Gli affari sono affari” per tutti gli uomini d’affari, siano essi personaggi incensurati, approvati moralmente e socialmente, siano essi figure losche e notoriamente riconosciute come criminali. Belve sanguinarie o meno, assassini e delinquenti o meno, pregiudicati o incensurati, gli uomini d’affari sono sempre poco onesti, in molti casi astuti e crudeli, cinici e spregiudicati per necessità, per indole o vocazione individuale.

Del resto, le mafie non sono altro che imprese economiche criminose. La mafia è fondamentalmente un’organizzazione imprenditoriale che esercita i suoi affari e le sue attività illecite con un obiettivo primario: il profitto economico. Per raggiungere il quale è disposta anche a servirsi dei mezzi più disonesti, a ricorrere al delitto più atroce. Per vincere la competizione delle società rivali è pronta a ricattare e corrompere, ad eliminare fisicamente i suoi avversari. Parimenti ad altri gruppi imprenditoriali, come le compagnie multinazionali che uccidono gli attivisti politici e sindacali che in America Latina o in Africa si oppongono all’ingerenza economica e imperialistica occidentale.

In altri termini, il delitto e la sopraffazione appartengono alla natura più intima dell’economia borghese, in quanto componenti intrinseche di un ordine retto sul “libero mercato”, sulle sperequazioni e le ingiustizie che ne derivano. La logica “mafiosa” è insita nella struttura medesima del sistema economico affaristico dominante, a tutti i livelli e in ogni angolo del pianeta, ovunque riesca ad insinuarsi l’economia di mercato e l’impresa neocapitalista. Ciò che eventualmente può variare è solo il differente grado di “mafiosità”, cioè di irrazionalità e di aggressività terroristica dell’imprenditoria capitalista. C’è chi elimina direttamente e brutalmente i propri nemici, come nel caso di tante “onorate” società riconosciute come criminali, c’è chi invece impiega sistemi meno rozzi, più eleganti e raffinati, ma altrettanto spregiudicati, cinici e pericolosi.

Non vedo, non sento, non parlo

In dirittura d’arrivo un ragionamento finale, ma non esaustivo, vorrei riservarlo al fenomeno dell’omertà sociale. Mi permetto di suggerire anzitutto una definizione sommaria assunta da un comune dizionario: “l’omertà è la solidarietà col reo, è l’atteggiamento di ostinato silenzio teso a coprire reati di cui si viene direttamente o indirettamente a conoscenza”. Il termine omertà è di origine incerta, con molta probabilità è riconducibile all’etimo latino humilitas, cioè umiltà, adottato successivamente nei dialetti dell’Italia meridionale e modificato in umirtà. Da questa fonte vernacolare potrebbe scaturire l’odierna voce italiana.

Nel gergo mafioso chiunque infranga il codice dell’omertà, o tenti di far luce su una verità, viene disprezzato come “infame” e “presuntuoso”. Il codice dell’omertà, consuetudine tipica del sistema mafioso, rappresenta da un punto di vista psicologico la salvaguardia dell’ambito familiare, la tutela dell’onore del clan di appartenenza. La famiglia mafiosa impartisce ai suoi membri il culto del silenzio, della reticenza, quale requisito essenziale della virilità. L’infausta catena omertosa si configura come una delle basi su cui si erge il lugubre potere della mafia. Per estensione, il codice omertoso si impone ovunque sia egemone una realtà di stampo mafioso, nell’accezione più ampia del termine, cioè nel senso di un potere costrittivo, violento e terroristico.

Dunque, l’uso intelligente e raffinato del linguaggio, se necessario urlato, il parlare ad alta voce, può esprimere un gesto di rottura e di rivolta contro il silenzio dell’omertà mafiosa in senso lato, può ispirare anche un modello di educazione basato su codici di comportamento meno oscurantistici, più liberi e democratici. Personalmente credo molto nel potere e nella priorità della parola, intesa ed esercitata non solo come veicolo di comunicazione, ma anche come metodo di critica e denuncia della realtà, come strumento di interpretazione e trasformazione del mondo, che non è l’unico esistente.

Il linguaggio contiene in sé la forza necessaria a mutare lo stato di cose presenti, a migliorare le nostre condizioni di vita e la realtà circostante. Potenzialmente la parola vale molto più di un pugno nello stomaco e può contribuire a spezzare le catene dell’oscurantismo e dell’indifferenza sociale derivanti dal codice omertoso. Il linguaggio della verità può giovare e concorrere alla causa della libertà e della giustizia sociale, rompendo o rettificando situazioni e comportamenti che ci opprimono e ci indignano.

La parola, come testimonianza di un altro modo di vivere, di intendere e costruire i rapporti interpersonali  improntati ai principi della solidarietà, della libertà e della convivenza democratica, è senza dubbio una modalità alternativa, “eversiva” e destabilizzante rispetto all’ordine oppressivo ed omertoso imposto dalla mafia. L’uso della parola rinviene un senso concreto ed acquista maggior vigore e consapevolezza nella misura in cui può servire a violare il potere coercitivo della malavita organizzata, provando a vincere la diffusa e coatta mentalità mafiosa.

Lucio Garofalo


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Mafia S.p.A.

mafiaLa mafia non si è affatto dissolta con l’arresto dei boss Riina e Provenzano, latitanti per anni e catturati dallo Stato solo quando erano diventati ormai vecchi ed inutili. Quella che sembra morta è la mafia tradizionale, messa sotto processo dalle inchieste di Falcone e Borsellino, assassinati dai sicari della cosca più feroce dell’epoca, i Corleonesi. Oggi, la mafia è più ricca e potente di prima, non è scomparsa solo perché non ammazza più, usando le armi e compiendo stragi sanguinose per eliminare i suoi nemici, siano essi tenaci sindacalisti come Placido Rizzotto, attivisti politici come Peppino Impastato, giudici integerrimi come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Ci sono altre mafie che continuano a massacrare le persone: la Camorra del clan di Casalesi, la ‘Ndrangheta calabrese o alcune tra le più efferate mafie straniere. La mafia siciliana evita di ammazzare perché non vuole più esporsi alle facili ritorsioni dello Stato, per offrire l’impressione di non esistere più. Infatti, rinuncia a mostrarsi, preferisce ripararsi dietro una facciata apparentemente più rispettabile e borghese.

Dunque, ciò significa che la mafia non esiste più? Niente affatto. La mafia ha solo imparato a dissimularsi meglio. Essa continua ad agire indisturbata in una veste nuova. L’assetto del potere mafioso si è aggiornato in forme moderne. Anche la mafia ha subito un processo di mutazione antropologica e culturale. Dunque, la mafia si è ristrutturata, diventando un’holding company molto potente, una corporation tecnologicamente avanzata, un’impresa finanziaria multinazionale. Insomma, la mafia è a capo di un impero economico globale ed oggi è la prima azienda del sistema capitalistico italiano, una grossa compagnia imprenditoriale che vanta il più ricco volume d’affari del Paese.

Come racconta Roberto Saviano nel suo best seller Gomorra, la mafia è diventata una potente società finanziaria. La nuova mafia è fondamentalmente un’organizzazione imprenditoriale che esercita i suoi affari con un obiettivo primario: il profitto economico. Per raggiungere il quale è disposta a tutto, anche a servirsi dei mezzi più sporchi e disonesti. E per vincere la competizione è pronta a minacciare, corrompere, ad eliminare fisicamente i suoi avversari. Alla stessa maniera di altri gruppi imprenditoriali, come le imprese multinazionali che uccidono gli attivisti politici e sindacali in America Latina o in Africa perché si oppongono alla loro ingerenza economica e militare.

Lucio Garofalo


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L’ ultima intervista a Paolo Borsellino

L’ultima intervista rilasciata dal giudice Paolo Borsellino, ucciso da Cosa nostra nel 1992, poche settimane dopo la strage di Capaci in cui morì il suo amico Giovanni Falcone.

L’intervista fu rilasciata da Borsellino il 19 maggio di quell’anno a due giornalisti francesi, autori di numerosi libri di inchieste, Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi.


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oggi 3 giugno 2009,Giovanni Falcone ( padre di Angelo detenuto in India ) ha iniziato un nuovo sciopero della fame

Sono a comunicarvi che da oggi 3 giugno 2009, ho iniziato un nuovo sciopero della fame in appoggio alla protesta civile e non violenta del Partito Radicale, per la mancanza di spazio nelle trasmissione televisive della loro lista alle elezioni europee, ma anche e soprattutto perchè oramai sono 8 mesi che non ho la possibilità di avere un contatto telefonico con Angelo detenuto in India, la impossibilità per noi familiari degli Italiani detenuti all’estero di avere spazio a trasmissioni televisive o di poter avere spazio anche su giornali nazionali, per parlare e portare a conoscenza le Istituzioni e cittadini tutti dei nostri casi, dei nostri problemi, in virtù di quanto stabilito dall’art. 21 della Costituzione Italiana, nella parte in cui prevede il Diritto di Cronaca. E’ fin dal 19 ottobre del 2007 che ho presentato regolare denuncia nei modi previsti dalla Legge, al Garante delle Comunicazioni e Presidente della Vigilanza RAI, ma fino ad oggi nessuna risposta è pervenuta.
Oramai sono 8 mesi che ci viene negato un contatto telefonico con Angelo, tutto questo nonostante che il 24 aprile corrente nel corso di una visita fatta nel carcere di Nahan dove è detenuto, da me e dall’On. Zamparutti Elisabetta, dei Radicali, visita Ufficiale da Parlamentare della Repubblica Italiana, nel corso della quale la Zamparutti ha avuto incontri Istituzionali con Autorità Indiane e portateli a conoscenza di quanto stava accadendo. Le stesse Autorità asserivano che avrebbero fatto gli accertamenti del caso e dato comunicazioni delle risultanze. Oltre 1 mese è trascorso ma nulla è cambiato, nei giorni scorsi abbiamo ancora provato a telefonare ma è stata rifiutata la nostra richiesta.
Non è possibile e non è umanamente giusto che nel 2009, terzo millennio, l’era della Globalizzazione tanto decantata, persistano violazioni ai Diritti Umani e Civili sanciti da Leggi e Convenzioni Internazionali, non è giusto e Umano che tutto questo succede nella Patria di Gandhi, padre dei Diritti Umani, non è giusto che tutte le nostre Autorità da me interpellate continuamente tacciono, non rispondono e se, lo fanno in modo evasivo.

c ontinua qui


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Torta e spumante per festeggiare un compleanno …..

Che c’è di speciale direte voi ?

Tutti i compleanni si festeggiano con torta e spumante.

Ma questo è stato un compleanno speciale.

Il compleanno di Angelo Falcone, detenuto in India per presunto spaccio  di droga.

E’ un raggiante Giovanni , che  mi ha appena chiamato al cellulare, a dirmelo.

E’ sbarcato da poco dall’areo che lo ha riportato in Italia dopo aver finalmente riabbracciato il figlio Angelo.

Da due anni quasi venivano negati i diritti internazionali dei detenuti  e disatteso  il patto di reciprocità che peraltro l’India aveva sottoscritto con l’Italia.

Giovanni al settimo cielo, Giovanni che mi racconta  al volo una cosa su tutte : torta e spumante per festeggiare il compleanno di Angelo con secondini e detenuti……..

Per chi desidera partecipare alla gioia di Giovanni e sostenerlo nella sua battaglia  ( che  continua )  ecco il link del gruppo FACEBOOK :

Applicazione dei diritti internazionali ai detenuti italiani all’estero

Il blog di Giovanni Falcone

Franca Corradini


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Giovedì 24 aprile Giovanni Falcone parte per l’India per incontrare il figlio Angelo

angelo-11708Giovanni  ringrazia  tutti coloro che hanno sostenuto la sua  causa : giovedì 24 aprile parte per l’India per incontrare  finalmente il figlio Angelo dopo quasi due anni.

Questo è un risultato ottenuto grazie alla tenacia di Giovanni e supportato dalla mobilitazione sul web, anche  su FACEBOOK , con l’apertura del  gruppo :

Applicazione dei diritti internazionali ai detenuti italiani all’estero

Giovanni sarà accompagnato in  India  dall’On. Elisabetta Zamparutti dei radicali , eletta nel PD.

Il giorno 24 dovrebbe esserci anche  l’udienza in tribunale.

Inoltre il  giorno 26…… ( dal blog di Giovanni Falcone )

26 aprile compleanno di Angelo

Amici il 26 aprile ricorre il 29° compleanno di Angelo, il terzo che ricorre nelle carceri dell’India purtroppo, sembrava che tutto dovesse finire in breve ed invece questa è la triste realtà:
Grazie a quanti, Politici e non che potevano nulla hanno fatto.
Vi chiedo, a chi vuole, di inviare anche delle semplici cartoline di auguri all’indirizzo che trovate a fianco, per non farlo sentire solo e dimendicato e perchè no abbandonato ad una vita dietro le sbarre, come purtroppo animale negli zoo, anzi neanche, oramai solo noi, esseri umani siamo rimasti a tale crudeltà dato che nella quasi totalità degli zoo è vietato tenere segregati gli animali.
DA PARTE MIA, DELLA MAMMA, DI DENISE, NONNI, ZII, CUGINI TI AGURIAMO TANTI AUGURI, ANCHE SE CON IL CUORE GONFIO DI AMAREZZA E GLI PIENI DI LACRIME, TI VOGLIAMO TANTO BENE E STAI TRANQUILLO CHE FARO’ DI TUTTO PER CONTINUARE NELLA BATTAGLIA DI PORTARTI A CASA, FOSSE L’ULTIMA COSA CHE FARO’. TANTISSIMI BACI
Franca Corradini

ecco dove scrivere ad Angelo:

Mr. FALCONE ANGELO
c/o Superintendant M.C.
Jail NAHAN
173001 DISTRICT SIRMOUR
H.P. – India

P.S. : Angelo ha detto alla giornalista ,che lo ha incontrato qualche tempo fa, di far sapere agli amici della rete che ha avuto parecchie lettere, ma non riesce a rispondere a tutti perchè non ha abbastanza carta..

scrivete comunque


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Carlà e Sarkò in Missione per salvare una Cittadina Francese

Penso che l’articolo si commenta da solo, questo è, se ancora non si fosse capito, cosa è la Politica Estera e la considerazione dei suoi cittadini, da parte della Francia, ma in particolare del suo Presidente e Consorte, Carla Bruni, che tra l’altro non sono nuovi a casi del genere, basti pensare e ricordare subito dopo la sua elezione al caso delle infermiere Bulgare detenute in Libia da 10 anni (?) dal regime di Gheddafi.
Eppure anche allora è riuscito a riportare tutti a casa, addirittura in quell’occasione si parlava di condannati a morte (se non ricordo male).
Che dire, solo rincrescimento e disperazione per me e per le famiglie dei 3000 nel mondo: Nessuno che si sia mai occupato di noi, silenzio e dire che i nostri ragazzi, chi colpevole perchè reo confesso, hanno situazioni di condanne ben diverse da quei casi fin qui saputi e trattati dal Presidente Francese, per non parlare poi dei tanti come Angelo che si professano con forza innocenti, eppure tutto questo non fa breccia nei nostri Politici e alte cariche Istituzionali, o meglio, il nostro Presidente come già ho avuto modo di pubblicare altre volte, si è interessato del caso di don Sandro De Pretis detenuto nel Gibuti nel 2007.
Nella primavera del 2008, in occasione della sua visita alla città di Trento, a perorare la causa di don Sandro è stato il Vescovo di quella città, ed è andato tutto a buon fine in poche settimane.
Cosa differente è stato il caso di Angelo Falcone, che ha avuto come unico difensore suo papà, un umile pensionato dei Carabinieri, privo di tascorsi blasonati e altisonanti, ma che comunque ha servito la Patria con Onore e abnegazione fino all’ultimo giorno, che ancora onora oggi, dato che dal giorno della sua pensione (a dir il vero anche prima, durante il servizio) ha dedicato e dedica il suo tempo al volontariato in Italia e all’Estero.
Penso che questo faccia Onore a me, Falcone Giovanni, ma anche a ciò che ho fatto e rappresentato nella mia vita privata e lavorativa.
La stessa sorte è capitata agli altri circa 3000″desaparecidos” e loro famiglie.
Penso che tutto questo debba far riflettere, questa è purtroppo l’Italia oggi e questo è quello che ci tocca soffrire, perchè la condanna non tocca solo loro all’estero, MA E’ COME SE IL NOSTRO STATO ABBIA CONDANNATO ANCHE NOI.
Posso solo dire grazie e con il cuore in mano, senza paura di essere smentito, anzi avrei tantissimo altro da dire, a Voi chiamarmi e Interpellarmi se vi preme la verità e tutto quello che ne consegue, per Voi e Me, tanto nulla ho più da perdere, anzi ho tutto da guadagnare salvando la faccia e l’Onore mio e di mio figlio, Onore tante volte ripreso per questo caso, da Politici e non, gente pronta a giudicare come non ha fatto neanche nostro Signore verso chi ha peccato.


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il Silenzio e l’Urlo ( dal blog di Giovanni Falcone )

E bhè certo i problemi che assillano la gente sono tanti, ognuno ne ha, ancor più adesso in questa situazione economica, capisco, e non so neanche se il mio è il problema maggiore rispetto ad altri, non voglio giudicare. Certo è che ultimamente le cose sul blog si sono un poco appiattite, le visite abbastanza ma come potete vedere i commenti sono carenti, non che questo pregiudichi la mia battaglia però sicuramente agli occhi di chi mi legge, e parlo di coloro che contano, è diverso.
L’URLO, vorrei urlare tanto forte da far tremare le montagne, da farmi sentire con terrore da chi usa il silenzio come arma di ricatto, di indifferenza e menefreghismo, a spese di esseri inermi, indifesi, agognanti in lugubre prigioni nel mondo, in luoghi dove in Italia e nei paesi cosidetti civili non terrebbero neanche i cani, pena l’alzarsi alto l’urlo degli animalisti e questi si che sarebbero ascoltati.
A tale proposito vorrei ricordare le parole di Sua Santità di poche settimane fa che diceva va bene la salvaguardia della foresta Amazzonica ma non perdiami di vista il valore umano.
IO GRIDO E DENUNCIO LA VERGOGNA DI CHI SI DOVREBBE OCCUPARE, per motivi Istituzionali, Giuridici e Umanitarie, di queste persone e non lo fa, ma GRIDO anche alle persone che dovrebbero aiutarmi a gridare affinchè questo non succeda mai più, perchè un aiuto dato a me oggi potrebbe significare salvare altre vite e magari la vita del proprio familiare che potrebbe trovarsi un domani nelle stesse condizioni nostre oggi.

SALMO 58, v.12 – “alla fine la gente dirà: Sì, c’è premio per l’uomo innocente, sì. è vero, un Dio esiste, e giustizia egli fa sulla terra.


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In ogni città, una via dedicata a Tortora e alle vittime della malagiustizia come per Falcone, Borsellino e altri eroi ( di Roberto di Napoli )

Ho letto sul sito dell’associazione “Giustizia Giusta” (cliccare qui per leggere la notizia)che, dopo non poche difficoltà, a Genova è stata dedicata, recentemente, una Galleria ad Enzo Tortora.

Non pensavo che, dopo oltre vent’anni, ci potesse essere, ancora, chi lo reputasse inopportuno (paura, timore o vergogna?). Riporto, di seguito, il mio commento pubblicato anche sul sito di Giustizia Giusta.

Sono molto contento che, alla fine, pur dopo non poche difficoltà, a Genova sia stata dedicata una Galleria ad Enzo Tortora.

A mio avviso, deve essere maggiormente sensibilizzata l’opinione pubblica su ciò che può comportare un errore giudiziario o, talvolta, ….. una persecuzione giudiziaria. E’ inutile tentare di nasconderlo: il caso “Tortora” è stato un esempio clamoroso di errore giudiziario ma, dopo venticinque anni dal 17 Giugno 1983 (data dell’arresto di Tortora), mi pare che non sia cambiato molto nè siano stati adottati strumenti per evitare che si ripetano “errori” analoghi. Ci sono state e ci sono, tuttora, tante vittime di “malagiustizia” e di storie paradossali che, pur dopo avere dimostrato l’innocenza o l’ingiustizia dei danni subiti, non hanno ottenuto adeguato risarcimento nè la punizione dei resposabili. Sono trascorsi, poi, oltre vent’anni dal referendum col quale i cittadini avevano manifestato di volere una legge che, come in ogni Paese civile, prevedesse la punizione dei magistrati che sbagliano mentre, invece, grazie ad una legge poco conforme col risultato referendario, ancora oggi, … chi sbaglia non paga: al massimo, se il magistrato non ha un patrimonio idoneo a risarcire i danni maggiori causati, paga lo Stato, cioè, tutti i contribuenti.
In ogni città italiana, dovrebbe esserci una delle vie o piazze principali dedicata a Tortora (a Roma, mi pare che via Enzo Tortora sia una strada periferica) e alle vittime di malagiustizia. E’ giustissimo e doveroso che, sin dall’indomani della tragica uccisione di Falcone, Borsellino e di tanti altri eroi che hanno sacrificato la vita nell’adempimento del proprio dovere, sia stata dedicata una via, una piazza o un monumento. Giustissimo ricordare chi è morto al fine di assicurare la Giustizia.

Non sarebbe, però, giusto ricordare anche chi è morto, chi ha sofferto o, comunque, ha pianto per un errore o per un uso distorto delle proprie funzioni da parte di soggetti che, per errore o con dolo, non si sono rivelati altrettanto eroi e, magari, sono ancora al loro posto manifestando un diverso senso della Giustizia, dello Stato e del rispetto delle leggi? Si può pensare che le vittime di “malagiustizia”, le loro famiglie soffrano meno o non rischino la vita? Solo chi non ha mai subito un sopruso o un’azione giudiziaria ingiusta, chi non ha mai letto un articolo di giornale può restare indifferente ed insensibile. E’ per questo che, secondo me, sarebbe più rispondente alla realtà di questo Paese se, in ogni città in cui vi sia una strada dedicata ad un magistrato o pubblico ufficiale che eroicamente ha sacrificato la propria vita, sia anche dedicata una strada o un monumento (in una zona della città altrettanto principale) alle vittime delle “gesta” meno eroiche di chi, per colpa, dolo o in buona fede, ha, comunque, fatto soffrire ingiustamente senza, tra l’altro, avere dimostrato, minimamente, di volere riparare il danno provocato.

Roberto Di Napoli