LA CONOSCENZA RENDE LIBERI

per favorire l'incontro di idee anche diverse


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Nè bavagli nè tagli, tutti in piazza il 1° luglio 2010

Invitiamo tutti a partecipare al NO BAVAGLIO DAYdi domani in tutta Italia.

Tra i promotori, Stefano Rodotà è convinto che da Piazza Navona possa iniziare un cammino decisivo per l’affermazione della libertà di stampa in questo paese.

Se la società civile non si fosse mobilita, sarebbe pasato senza ostacoli il disegno originario” ” Con i tagli alla ricerca ed alla cultura è un attacco copngiunto alle fonti di sapere critico

No Bavaglio Day – 1  luglio

Una  grande mobilitazione contro la legge bavaglio per la giornata del primo  luglio a  Roma, a piazza Navona, e in altre località d’Italia ed estere.

ECCO IL TESTO DEL COMUNICATO

E’ un  decreto  ASSOLUTAMENTE ANTILIBERTARIO, un decreto che da un lato imbavaglia la  stampa,  non permettendo alla stampa di dare certe notizie che sono  indispensabili per  far sì che l’opinione pubblica si renda conto di come va il nostro  paese; e  dall’ altro si toglie alla magistratura un’ arma fondamentale per poter  condurre  le proprie indagini.

Ed è particolarmente grave che questo avvenga  in questo  momento in cui  un altro chiaro sintomo di come si vuole procedere nella   lotta contro la criminalità organizzata è il fatto che sia stata negata  la  protezione al collaboratore di giustizia Spatuzza. Vuol dire che proprio  si  cerca di togliere tutte le armi ai magistrati.

Io  ritengo che questo  sia la conseguenza di quello che disse il Presidente del consiglio  quando disse,  sapendo che le procure di Palermo e di Caltanissetta avevano  ricominciato ad  indagare sulle stragi del  ’92, disse“si tratta di vecchie storie, non è   per questo che dobbiamo spendere i soldi degli italiani”.

Ecco: non  si tratta  di vecchie storie. Si tratta di storie e di stragi  il cui sangue non si  è  ancora asciugato sull’ asfalto di Via d’Amelio e di via dei Georgofili. Non   sono vecchie storie: è un chiaro sintomo di come qualcuno voglia  bloccare i  magistrati, voglia bloccare le indagini.

E’ per questo che io e il  mio  movimento aderiamo in pieno alla manifestazione che si svolgerà il primo  luglio  a Roma e in tutta Italia contro questo VERGOGNOSO DECRETO SULLE  INTERCETTAZIONI.”

Salvatore   Borsellino

VI aspettiamo!!

Appuntamenti

Roma, piazza Navona ore 18
Milano, piazza Cordusio ore 18.30 (con presenza di Salvatore in forse)
Torino, piazza Castello ore 16
Palermo, via Generale Magliocco ore 16.30
Padova, piazza Delle Erbe ore 18
Grosseto, piazza Dante ore 18.30
Arezzo, piazza San Francesco ore 11.30
Mantova, piazza Mantegna ore 17
Lecce, Porta Napoli ore 18
Cuneo, corso Nizza ore 15.30
Modena, Giardino Ducale ore 19.30
Cosenza, piazza XI Settembre ore 18
Ascoli Piceno, piazza Arringo ore 17
Catanzaro, piazza Grimaldi ore 17
Imperia, piazza De Amicis ore 18
Salerno, piazza Portanova ore 17
Lucera (Foggia), piazza Duomo ore 18
Trieste, piazza Unità D’Italia ore 18
Bari, Piazza Prefettura ore 19.30
Parma, piazza Garibaldi ore ore 20 in corteo fino a piazzale della Pace
Conselice (Ravenna), Notte Bianca a partire dalle 20
Londra, Westminster – South Bank Centre – Royal festival hall ore 18 –
Parigi, Scalinata dell’Opera Bastille ore 18.30
Da Napoli pullman per Roma con ritorno in giornata chiamare il 327 547 3969
Promuovono
FNSI, Popolo viola, Cgil, Arci, Libertà è Partecipazione, Agende Rosse ( questo è il link ) e altri
Franca Corradini, Rosellina970, Crazyhorse70, Lorenzo68


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In appello 7 anni a Dell’Utri:”Ma quali reati contro di me solo minchiate”

Questi due nella foto hanno molto in comune, per questo si baciano con trasporto.

Mentre Cuffaro riceve ieri una richiesta dal PM di 10 anni di carcere , “non merita attenuanti”,il caro amico del berlusca viene condannato in Appello poco fà a scontare 7 anni di detenzione.

Cala sempre più la maschera del berlusconismo che cade proprio lì dove era nato, nei rapporti con la mafia.

In relazione al processo penale in Appello che sta subendo a Palermo, Dell’Utri in queste ore aveva tenuto a ribadire : «Non reati penali, ma minchiate».

Speriamo siamo sempre minchiate come queste:  prima o poi quel disgusto di destra che ogni tanto traspare ( vedi il caso Brancher ) forse diventerà una valanga…voglio dire anche a destra da qualche parte, magari ben nascosta, dovrebbero ancora avere merce come la dignità, l’onore e “minchiate ” simili come direbbe Don Dell’utri…

La sua assoluzione avrebbe significato la «condanna» della Procura di Palermo: era  questo il cuore della questione, che agitava il senatore Marcello Dell’Utri (Pdl, fra i fondatori di Forza Italia), in attesa della sentenza di secondo grado nel processo per concorso in associazione mafiosa, dopo che  i giudici si sono chiusi in camera di consiglio.

L’altra mattina  Dell’Utri si era detto «tranquillo», uno stato d’animo che gli ha consentito di «restare vivo» dopo «quello che mi hanno fatto patire», ma se anche dovesse arrivare l’assoluzione «non avrò nulla di cui gioire – dice – perché hanno già distrutto la mia vita». Per Dell’Utri, il procuratore generale «è un replicante di un pezzo della Procura della Repubblica di Palermo», un «ventriloquo del procuratore aggiunto Ingroia», membro di una Procura che «continua a sostenere tesi da fanatici».

Ma vediamo ai dati.

In data 11 dicembre 2004, il tribunale di Palermo ha condannato Marcello Dell’Utri a nove anni di reclusione con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Il senatore è stato anche condannato a due anni di libertà vigilata, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e il risarcimento dei danni (per un totale di 70.000 euro) alle parti civili, il Comune e la Provincia di Palermo.

Nel testo che motiva la sentenza si legge:

« La pluralità dell’attività posta in essere da Dell’Utri, per la rilevanza causale espressa, ha costituito un concreto, volontario, consapevole, specifico e prezioso contributo al mantenimento, consolidamento e rafforzamento di Cosa nostra, alla quale è stata, tra l’altro offerta l’opportunità, sempre con la mediazione di Dell’Utri, di entrare in contatto con importanti ambienti dell’economia e della finanza, così agevolandola nel perseguimento dei suoi fini illeciti, sia meramente economici che politici»

Inoltre:

« Vi è la prova che Dell’Utri aveva promesso alla mafia precisi vantaggi in campo politico e, di contro, vi è la prova che la mafia, in esecuzione di quella promessa, si era viepiù orientata a votare per Forza Italia nella prima competizione elettorale utile e, ancora dopo, si era impegnata a sostenere elettoralmente l’imputato in occasione della sua candidatura al Parlamento Europeo nelle file dello stesso partito, mentre aveva grossi problemi da risolvere con la giustizia perché era in corso il dibattimento di questo processo penale. »

Quello finito stasera  é il processo di secondo grado alla Corte di Appello di Palermo. Il 16 aprile 2010 il procuratore è Palermo Nino Gatto ha chiesto la condanna a 11 anni di carcere per Dell’Utri.

In vista del processo aveva affermato di essere entrato in politica e fare il parlamentare solo per difendersi dai processi, e di essere quindi pronto a lasciare l’incarico parlamentare qualora le accuse cadessero. La sentenza è attesa per oggi, dopo 5 gionri di camera di consiglio.

Le questioni poste dal giudice di seconda cure sono state già trattate qui dentro ( quel che toglie il sonno…) e vertono sulla attendibilità di alcuni riscontri indiretti e de relato ad opera di Spatuzza  – da poco liberato dalla ingombrante copertura di sicurezza daministro degli interni ligio ad eseguire gli ordini del pagliaccio di Arcore –  e del figlio di Ciancimino.

Resta da capire le motivazioni che hanno indotto i giudici a diminuire il carico si anni sulle spalle del senatore.

Tutti sanno quanto questo processo sia importante per Berlusconi e per mera cronaca aggiungo che in queste settimane sono uscite molte veline su alcuni membri dell’odierna camera di consiglio che sarebbero in qualche modo in relazione col premier, i quali hanno così risposto alle pressioni mediatiche sul punto: «Siamo indifferenti alle pressioni mediatiche e rispondiamo solo di fronte alla legge e alla nostra coscienza»

Non mi sembra corretto aggiunger altro, almeno per ora, in attesa di leggere i motivi.

Crazyhorse70


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Corsi CEPU, un bluff ..parola di ex tutor

TESTIMONIANZA GIA’ PUBBLICATA QUI :

http://ascuoladibugie.blogosfere.it/2010/06/corsi-cepu-un-bluff-parola-di-ex-tutor.html

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Salve, vorrei richiamare la vostra attenzione su un problema particolarmente attuale, quello delle aziende (o scuole private) che si occupano di recupero anni scolastici.
Ho lavorato per Cepu – Grandi scuole di Livorno e Pisa, e ne ho viste di tutti i colori.

Mi domando perchè il governo non intervenga, come è possibile che certe cose non passino inosservate? Disinformazione, ecco il loro cavallo vincente!Ogni anno accumulano miliardi vendendo letteralmente gli esami di idoneità, senza pudore.

Ci sono studenti che si iscrivono a giugno, pagano 8000 euro, e settembre vengono mandati a Napoli, Roma, Salerno, in pseudo-scuole che fanno superare l’idoneità anche dalla prima alla quarta.4 anni in 1 mese!

La difficoltà di questi “esami” è minore di una prova di quinta elementare, le prove scritte vengono passate, gli orali sono fasulli. E’ un bluff!

Gli insegnanti, precari, vengono pagati nella media 600/700 euro netti, e come se non bastasse dalle loro buste paga spariscono misteriosamente soldi, ogni mese.

Vengono sfruttati, e in genere molti di loro si ritrovano ad insegnare materie in cui non hanno nessuna competenza (un laureato in biologia può far tutto, dalla matematica, alla chimica, alle discipline mediche). La pubblicità che fanno è martellante, la troviamo su internet, sui manifesti, sui giornali, alla tv…ma vendono fumo, perchè il servizio non è finallizzato all’apprendimento, ma a strizzare più soldi possibili da mandare ai vertici dell’azienda.

continua


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Dovunque andrai ti accompagneranno le stelle, dolce compagna Rina

Quando muore una compagna come questa un tempo si usava dire : ne nascono altri cento.

Ma non è più così e forse per una come Rina non era così neanche un tempo.

Un pensiero ed un bacio a Rina Gagliardi che se ne è andata per un maledetto tumore. Tra le fondatrici del Manifesto, era una persona piena di idee e di forza, onesta fino allo sfinimento, adorava la lirica ed era fissata coi giochi sui cognomi che elencava e metteva in ordine per tenersi concentrata. La conoscevo da 25 anni e  quando ci incotravamo parlavamo a lungo di tutto.

Mi rimase inpressa la sua reazione ferma e tranquilla quando sotto natale di dieci anni fa  il fascista Insabato fece scoppiare una Bomba a Via Tomacelli al Manifesto. Non si scompose più di tanto capì subito la natura dell’attentato e la “cifra” di Insabato e dopo qualche minuto passò a pensare ad altro.

Curiosa, intelligente, piena di cose belle, era più grande di me ma solo anagraficamente: un’animo indomito e molto creativo.

Mi colpiva che una come lei perdesse il tempo con il calcio ( la Fiorentina) ma lei rispondeva che chi non ha contraddizioni non può neanche capirle.

Mi fece incazzare quando decise di partecipare alla legislatura burla del centrosinistra con Rifondazione e ci perdemmo un po’ di vista per questo.

Che  le stelle dell’immenso e meraviglioso cosmo ti accompagnino dovunque andrai, compagna Rina.

Rosellina970


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I veri problemi della scuola italiana

Negli ultimi 16 anni i ministri che si sono avvicendati alla guida del dicastero della Pubblica Istruzione, hanno provveduto solo a varare la propria “riforma” per lasciare un segno, inevitabilmente infausto, nella storia. L’istruzione è ormai una cavia istituzionale, esposta agli azzardati e scellerati esperimenti “riformistici” che si sono rivelati semplicemente devastanti. Questi esponenti di governo hanno scambiato lo Stato per un’impresa privata e l’hanno ridotto a brandelli. Su tutti il ministro Mariastella Gelmini, un vero e proprio flagello della cultura che ha oltraggiato profondamente la scuola. Un’istituzione che era il vanto della nazione, con una scuola materna e una scuola elementare giudicate tra le migliori realtà pedagogiche del mondo. E’ evidente che gli ideologi del centro-destra sanno bene che il ruolo della scuola è di natura formativa ed “eversiva”, in quanto ha il compito di forgiare personalità libere e critiche.

I ministri maggiormente affiatati all’interno del governo sono Mariastella Gelmini e Renato Brunetta. Entrambi sono accomunati da due carriere politiche parallele e persino due vite parallele. Entrambi stanno portando avanti due ”controriforme” invise al mondo della cultura e a settori della società civile. Ambedue affrontano il loro incarico come una dura battaglia contro le resistenze opposte da un sistema che non accetta di essere trasformato. Inoltre, entrambi hanno vissuto esperienze personali e professionali spiacevoli e mortificanti, prima di intraprendere l’attività politica e diventare ministri.

Prendiamo in considerazione Brunetta, che si erge a paladino di una “crociata antifannulloni”. Costui appartiene all’aristocrazia dei professori, all’elite dei docenti che guadagnano troppo e, almeno in molti casi, lavorano poco, se non nulla. Lo stesso Brunetta venne a suo tempo censurato per assenteismo dal Rettore dell’Università dove (non) lavorava. Inoltre, Brunetta era un primatista dell’assenteismo anche nel Parlamento Europeo. Insomma, il classico ministro che predica male e razzola peggio.

Per quanto concerne il “Decreto Gelmini”, questo ha imposto una “controriforma” con decisione unilaterale, senza confronto con i sindacati e le varie componenti del mondo della scuola, senza consultare nemmeno il Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione, senza alcuna riflessione di natura giuridica e tantomeno pedagogica. Sul piano occupazionale le conseguenze sono state subito devastanti e si prospetta nei prossimi anni una vera macelleria sociale. Nel complesso si calcola che il taglio di insegnanti solo nella scuola elementare, per effetto della restaurazione a pieno regime del maestro unico, ammonterebbe ad oltre 80mila posti e saranno i precari ad essere massacrati.

Pertanto, il governo Berlusconi persegue un ritorno al passato che gli permetta di fare cassa, riscuotendo nuovi introiti a scapito della malconcia scuola pubblica, mentre le risorse finanziarie sono dirottate altrove. Scimmiottando con 30 anni di ritardo il modello anglo-americano, cioè la politica neoliberista che ha ispirato le amministrazioni ultraconservatrici della Thatcher in Gran Bretagna e Reagan negli USA, il piano del governo è di subordinare la scuola al servizio del capitale e del mercato del lavoro. La conseguenza finale sarà lo smantellamento della scuola pubblica, per concedere una formazione d’eccellenza ad una platea elitaria e procurare una manodopera crescente a basso costo proveniente dalle scuole pubbliche, riservate alle masse operaie e popolari.

E’ questo il modello, miserabile e classista, che ispira la politica, non solo scolastica, del governo Berlusconi, che offende l’istruzione nel nostro paese. Una scuola-parcheggio per “bulli” e piccoli “gangster”, dove i docenti sono, nella migliore delle ipotesi, addestratori degli studenti per aiutarli a superare i quiz a risposta multipla (si pensi, ad esempio, alle cosiddette “prove Invalsi”), soggetti alle valutazioni internazionali. Una scuola sempre più omologante e passivizzante, simile ad una sorta di supermercato dell’offerta educativa, sempre meno comunità educante e democratica. Una scuola che è la negazione della cultura e che, in pratica, produce solo saperi-merci “usa e getta”.

Si ciancia tanto dei problemi della scuola italiana, ma chi è deputato a risolverli non si adopera affatto in tal senso. In politica ogni soluzione non può essere efficace se non è anche giusta e tempestiva. Il decisionismo e l’efficientismo devono essere calibrati mediante criteri di equità sociale, altrimenti rischiano di essere deleteri. Dunque, vediamo quali sono alcuni dei problemi concreti, ancora irrisolti, della scuola italiana.

Il principale problema della scuola odierna è costituito dalla svalutazione della professionalità degli insegnanti, dallo stato di avvilimento e frustrazione che li attanaglia. Occorre rilanciare in modo concreto la professionalità didattica, rivalutando anzitutto la posizione economica degli insegnanti italiani, che risultano i più sottopagati d’Europa. Per innescare un meccanismo virtuoso occorre rendere appetibile la professione educativa e docente, così da creare le condizioni per indurre le persone più valide e preparate ad aspirare ad un lavoro ben remunerato e molto più apprezzato rispetto al presente. Il recupero del potere d’acquisto condurrà ad un incremento proporzionale del prestigio sociale e favorirà un crescente rendimento qualitativo dei docenti. A beneficiarne saranno anzitutto gli studenti. Questo, in sintesi, è il circolo virtuoso che occorre innescare prima di ogni altra cosa per resuscitare la scuola italiana.

Un altro problema serio è quello delle “attività aggiuntive” non obbligatorie, vale a dire i progetti extra-curricolari. Nel campo della didattica i criteri di quantità e qualità sono sovente incompatibili tra loro in quanto si escludono a vicenda. In genere la quantità “industriale” rischia di inficiare la qualità di un progetto, a maggior ragione laddove i progetti sono prodotti in serie. In tal modo le singole istituzioni scolastiche rischiano di diventare vere e proprie “fabbriche di progetti”, cioè “progettifici scolastici”.

Personalmente non sono contro i “progettifici” per rivendicazioni astratte e ideologiche, ma per ragioni legate alla mia esperienza concreta. Nulla mi impedirebbe di essere a favore dei progetti di qualità, purché siano attuati seriamente, ma nel contempo sono cosciente che i casi virtuosi sono eccezioni assai rare. Di norma i “progettifici scolastici” si caratterizzano in modo gretto e negativo per una scarsa creatività e trasparenza, per l’inadeguatezza degli interventi, per una debole rispondenza ai reali bisogni formativi, culturali e sociali degli allievi, mentre obbediscono solo ad una logica affaristica e aziendalistica. Per non parlare dei continui strappi alle regole, delle reiterate violazioni di norme e diritti sanciti dalla legge, delle frequenti scorrettezze e furbizie commesse all’interno delle singole scuole, derivanti da invidie, ambizioni e rivalità individualistiche, contenute in un contesto di direzione autoritaria e verticistica o, in alcuni casi, di “leadership” pateticamente e falsamente illuminata e paternalistica.

Veniamo, inoltre, alla questione della trasparenza e al tema della democrazia collegiale che ormai versa in uno stato decadente. Dal varo dei Decreti Delegati che nel 1974 istituirono forme e strumenti di democrazia diretta nella scuola, la partecipazione agli organi collegiali si è progressivamente deteriorata. Oggi il potere all’interno degli organi collegiali esclude la massa delle famiglie, degli studenti, del personale docente e non. In pratica l’esercizio del potere decisionale nelle singole scuole è riservato ad una cerchia oligarchica formata dal Dirigente scolastico e dai suoi più stretti collaboratori.

Esaminiamo il caso emblematico di un organo come il Collegio dei docenti. Un tempo questo era la sede deputata a discutere gli argomenti più nobili ed elevati, tematiche psico-pedagogiche e culturali, per cui gli insegnanti, specie i più aperti, coscienti e motivati, avevano modo di confrontarsi e maturare sotto il profilo intellettuale e professionale. Oggi i Collegi dei docenti sono ridotti a centri di mera ratifica formale delle decisioni assunte dai dirigenti. Tale avallo avviene generalmente tramite procedure esautoranti, che umiliano la dignità e la sovranità dei Collegi stessi. Questi sono diventati il luogo più alienante e passivizzante in cui si dibatte di questioni esclusivamente finanziarie, senza la dovuta trasparenza, senza fornire le informazioni concernenti il budget effettivo di spesa. Insomma, i Collegi dei docenti approvano senza neanche conoscere fino in fondo l’oggetto reale previsto all’ordine del giorno, cioè i finanziamenti, talvolta cospicui, che vanno a beneficio di una minoranza di colleghi, coincidente con la cerchia ristretta formata dal cosiddetto “staff dirigenziale”.

Questo processo di logoramento della democrazia partecipativa, della trasparenza e dell’agibilità democratica e sindacale, degli spazi di libertà e legalità nella scuola, è in atto da oltre 15 anni. Tale involuzione in senso autoritario è dovuta ai colpi letali inferti dai governi di centro-sinistra e di centro-destra. Nella fattispecie particolare, le principali responsabilità politiche di tale declino sono da rinvenire in un momento storico-legislativo assai importante: l’istituzione della legge sull’“autonomia scolastica”.

La mera formulazione giuridica dell’“autonomia” non ha stimolato le scuole ad esercitare un ruolo di traino e promozione culturale rispetto al contesto di appartenenza. In molti casi, le istituzioni scolastiche hanno assunto una posizione subalterna ai centri di potere vigenti nelle realtà locali. A ciò si aggiunga un crescente imbarbarimento dei rapporti tra i lavoratori della scuola, in quanto questa è divenuta il teatrino di laceranti conflittualità, sorte in molti casi in un clima di debole e sciocco paternalismo. Questi fenomeni alienanti e disgreganti sono un corollario dell’“autonomia”, nella misura in cui tale normativa non ha favorito un assetto equo ed efficiente, generando soprattutto confusione, contrasti, assenza di certezze, violazione di regole e diritti, incentivando comportamenti furbeschi, spregiudicati ed arroganti, esasperando uno spirito di cinismo, arrivismo e un’accesa competizione per scopi prettamente venali e carrieristici.

Lucio Garofalo


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Ustica 30 anni dopo, un breve ricordo di Alberto, mio cugino…

In trent’anni non ho mai scritto nulla di quanto sto per  dire.

Solo qualche parola di ricordo , o poco più.

Oggi ho deciso di farlo per esorcizzare lo strappo di quel filo che mi legava ad Alberto..

Dice  bene il giornalista dell’Ansa ” un dolore  ancora vivo …. ” troppo vivo.

Un funerale senza un corpo da seppellire ….atroce, straziante, ma ci si fece forza in quella calda giornata estiva quando ci trovammo al cimitero di Bologna per commemorare Alberto ( Bonfietti ) mio cugino.

Ricordo che cercavamo tutti di sorridere, ricordo i volti dei suoi compagni che non conoscevo….

Ricordo i volti dei suoi compagni che mi erano noti dalla stampa ( Boato,mi pare Sofri .. non ricordo bene )  i compagni di Lotta Continua  con cui lavorava e collaborava…

Alberto era una persona dolcissima, sempre sorridente…….

Era più grande di me di qualche anno, quando basta perchè io, prima  bambina, poi adolescente , lo vivessi di sfuggita nelle rare visite che faceva a casa di mia nonna Marena a Suzzara.

Di lui  in famiglia si parlava come di un eroe romantico, le sue gesta le apprendevo da mia nonna che le narrava con malcelato orgoglio , e  finta  indignazione  ( soprattutto per le sue molteplici avventure amorose ) e con gli occhi che le brillavano.

Ricordo che qualche mese prima di quel maledetto 27 giugno, io avevo 26, anni decisi di contattarlo per conoscerlo “alla pari”.. da adulto ad adulto.

Allora abitava a Mestre ed io a Lecco.

Mi feci  dare le coordinate per telefonargli , per scrivergli…..

Non feci in tempo.

Una telefonata di mia madre, la mattina del 28 giugno,  ruppe per sempre il mio sogno di poter  parlare con lui   “da grande” finalmente.

Franca

 


 

 


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Legittimo impedimento: vengo anch’io, no tu no…

La protervia del regime non conosce confini nè senso del ridicolo. E’ tutto un cadere lentamente in frantumi, ogni giorno sempre peggio.

Berlusconi ha preso uno dei suoi tanti scudieri-soldatini ed approfittando della concomitanza coi mondiali di calcio ( la sconfitta dell’Italia in Sudafrica gli ha rotto le uova nel paniere, altrimenti avrebbe potuto contare  nel classico effetto cloroformio del cittadino televisivo  festoso per l’Italia) ha provato a sistemare anche i suoi processi, facendolo ministro dell’attuazione del federalismo così da poter usufruire del legittimo impedimento che tanto è servito e servirtà al capobanda di Arcore.

Ma non ha fatto i conti con Bossi, che ha naso per il sentire popolare dei suoi e che a Pontida ha subito smascherato il tentativo : “C’é un solo ministro per il federalismo e sono io” aggiungendo ” la coppia è sempre quella, io e Calderoli. Con Aldo Brancher non è cambiato nulla…” declassandolo ad occuparsi del generico decentramento,  col ruolo di mero “collaboratore”.

A testimonianza della confusione regnante, nel sito ufficiale del governo italiano, Brancher è ancora indicato come sottosegretario alla presidenza del Consiglio: nel dubbio, meglio restare alla vecchia carica.

Nelle ore successive i suoi legali hanno chiesto la sospensione del processo in cui è imputato per  appropriazione indebita (mentre la moglie, Luana Maniezzo, deve rispondere dell’accusa di ricettazione), fino al 7 ottobre.

Il motivo? Rispondendo lui direttamente ha detto senza vergogna a tutti i giornali: ovvio, la necessità di organizzare il nuovo ministero…

A questo punto anche la gente che ha votato cenrtrodestra e perfino i fedelissimi berluschini si sono fatti girare le palle ed hanno espresso il loro dissenso sul caso Brancher soprattutto sui blog o su i diversi profili aperti su Facebook, dove esiste un profilo denominato No a Aldo Brancher coordinatore provinciale del Pdl a Verona, aperto gia prima della sua nomina, ma che ora ha più interventi. «Vergogna» scrive Matteo Marascio; Paolo Cavallone gli fa eco «vergnognoso», mentre Anna Codognola inserisce le pagine dei quotidiani con le cronache delle vicende giudiziarie del neo-ministro. Albert1, su Polisblog si rivolge direttamente a Berlusconi: « ‘sto Branko è indifendibile. Silvio, ma uno un pò mejo nun ce l’avevi?».

Voci di dissenso addirittura sul forum del sito ufficiale del Popolo delle Libertà: «Io ti adoro Silvio – scrive Andrea – ma quando leggo che il primo atto di Brancher è di chiedere il legittimo impedimento mi cadono le braccia…». «Ahimé – aggiunge Carlo Dinale – la nomina e il comportamento del Sig. Brancher sono una discreta delusione per i credenti anche se non ortodossi e un buon sostegno alla casta dei giudici». Diversi difendono Brancher sottolineando che il legittimo impedimento non blocca i termini di prescrizione.

Duri i giudizi sul blog di Generazione italia: Karl si complimenta con Napolitano per il «coraggio» della sua nota e afferma che le dimissioni di Brancher «diventano doverose». Plausi al Capo dello Stato anche da Riccardo83 e da Narcotex («meno male che Napolitano c’è»).

Anche il popolo leghista non ha apprezzato, come si evince dal forum del Movimento Giovani Padani. Per Danige, Brancher «è stato fatto probabilmente ministro perchè i suoi processi per le maxitangenti prese da Fiorani e lo scandalo Bpl-Antonveneta stanno giungendo al termine e per evitare che venga condannato e messo in galera con enorme ennesimo smacco per il Pdl e Berlusconi, gli si è dato un ministero senza portafogli sostanzialmente senza deleghe e competenze ma sufficiente per avere tutte le immunità ministeriali». Sintetico Grenald: «Uno schifo».

Anche al Colle si sono dovuti svegliare dal torpore icon cui sonnecchiano  da mesi ritenendo di dover finalmente   intervenire, visto che l’incarico pochi giorni fa è stato dato proprio da Napolitano: “In rapporto a quanto si e’ letto su qualche quotidiano questa mattina a proposito del ricorso dell’on. Aldo Brancher alla facolta’ prevista per i ministri dalla legge sul legittimo impedimento, si rileva che non c’e’ nessun nuovo Ministero da organizzare in quanto l’on. Brancher e’ stato nominato semplicemente ministro senza portafoglio”. E’ quanto si legge in una nota del Quirinale. In serata e’ arrivata la precisazione del ministro: “E’ stata data un’interpretazione errata”, ha detto conversando con un cronista dell’AGI. Brancher spiega che la nota del Colle e’ partita da un presupposto sbagliato. “Si e’ letto in qualche quotidiano che io avrei dovuto organizzare il ministero, ma e’ chiaro che ho una serie di impegni per la mia attivita’ conseguente dal mio nuovo compito.

E quale sarebbe il suo nuovo compito? Accompagnare Bossi da Calderoli e tutti e due da Berlusconi,  ciò  che ha fatto sostanzialmente negli ultimi anni, l’ufficiale di raccordo coi leghisti?

Sono tutti colpi sotto la cintola per il sultano malato, anche il suo popolo stavolta è rimasto scosso, come a dirgli: ma come pensavi di farla passare in cavalleria questa schifezza? E’ vero che hai paura che il fido Brancher debba rispondere anche su questioni che ti riguardano direttamente, ma ci hai preso proprio per scemi per farlo in modo così smaccato e stupido?

Beh non è che siate abituati alla critica dentro quella caserma, nè che finora abbiate dimostrato autonomia di giudizio, quindi il vosto boss se ne approfitta…

Ecco chi è veramente l’oscuro scudiero Aldo Brancher, la storia vera di colui che costerà solo 1 milione di euro all’anno ai contribuenti, se non troverà un po’ di dignità per dimettersi in queste ore…

Alfonso


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Pomigliano, prove tecniche di terzomondizzazione

La drammatica vertenza che coinvolge i lavoratori dello stabilimento FIAT di Pomigliano D’Arco rappresenta il caso più clamoroso ed emblematico di lotta di classe degli ultimi anni in Italia. E’ una vicenda paradigmatica, destinata a cambiare le relazioni industriali nel nostro paese. Essa dimostra che ogni sacrificio da parte dei lavoratori non serve a conservare il lavoro, ma consente solo al capitale di estendere i sacrifici ai lavoratori di tutto il mondo e ad imporne di nuovi con la scusa di dover reggere la concorrenza.

Al di là dell’esito referendario, della vittoria dei “sì” che non è stata affatto plebiscitaria, sebbene tale risultato si possa definire come una “vittoria di Pirro”, in realtà hanno perso gli operai. Nella “proposta di accordo unilaterale” avanzata da Marchionne e firmata dai sindacati filo-padronali, affiora un’arroganza da vecchi industriali ottocenteschi. Per realizzare il massimo profitto, la Fiat intende “derogare” su ogni regola: leggi, contratti, Statuto dei Lavoratori, Costituzione. La vicenda di Pomigliano rischia di imporre l’idea che l’unica soluzione alla crisi sia accettare la logica del ricatto aziendale: lavori se rinunci al salario sottraendo occupazione ad altri lavoratori; sopravvivi se rinunci ai diritti e alla democrazia. In tal senso Pomigliano rischia di “fare scuola” segnando lo spartiacque delle “nuove relazioni industriali”.

Di fronte alla crisi internazionale la risposta della FIAT è un preciso disegno strategico che punta alla terzomondizzazione del lavoro in Italia, ossia ad una crescente intensificazione dei ritmi e dei tempi di lavoro, ad una completa precarizzazione dei diritti e delle tutele sindacali, delle retribuzioni salariali, delle condizioni di sicurezza e di vita degli operai italiani. Dopo aver dissanguato i lavoratori polacchi, la FIAT pianifica il rientro in Italia di una produzione automobilistica che era stata trasferita all’estero negli anni scorsi, malgrado le generose sovvenzioni elargite alla FIAT da parte dello Stato italiano, cioè denaro pubblico versato dai cittadini e contribuenti del nostro paese.

In una lettera inviata ai colleghi di Pomigliano da un gruppo di lavoratori della FIAT di Tychy, in Polonia, si legge testualmente: “La FIAT gioca molto sporco coi lavoratori. Quando trasferirono la produzione qui in Polonia ci dissero che se avessimo lavorato durissimo e superato tutti i limiti di produzione avremmo mantenuto il nostro posto di lavoro e ne avrebbero creati degli altri. E a Tychy lo abbiamo fatto. (…) Adesso stanno chiedendo ai lavoratori italiani di accettare condizioni peggiori, come fanno ogni volta. A chi lavora per loro fanno capire che se non accettano di lavorare come schiavi qualcun altro è disposto a farlo al posto loro. (…) E’ chiaro però che tutto questo non può durare a lungo. Non possiamo continuare a contenderci tra di noi i posti di lavoro. Dobbiamo unirci e lottare per i nostri interessi internazionalmente. (…)”

La vertenza di Pomigliano D’Arco riassume gli effetti della crisi che attraversa l’economia mondiale. L’attuale recessione non è un episodio accidentale, ma una crisi strutturale di portata planetaria, causata dall’eccessivo sviluppo delle forze produttive, è una crisi di sovrapproduzione accentuata e accelerata dalla saturazione progressiva dei mercati internazionali: finora si è prodotto in quantità eccessiva sfruttando troppo i lavoratori, che si sono impoveriti in modo crescente e sono destinati ad impoverirsi ulteriormente. E’ una crisi che si spiega in virtù del divario tra la crescente produttività del lavoro e la declinante capacità di consumo dei lavoratori. In altri termini gli operai producono troppo, al punto che non si riesce a vendere quanto essi producono. E’ la radice delle contraddizioni del capitalismo, riconducibile alla sua tendenza intrinseca alla sovrapproduzione e all’incapacità di realizzare il profitto insito nelle merci prodotte.

In questo quadro l’azione dei governi non fa che assecondare il gioco e gli interessi delle forze capitalistiche. Infatti, le politiche di liberalizzazione selvaggia attuate dai governi avvicendatisi negli ultimi anni, procedono senza sosta, malgrado aumenti la consapevolezza che esse favoriscono il predominio degli interessi dei grandi potentati economici, delle banche e delle società finanziarie, ad esclusivo discapito dei lavoratori.

Impresa, mercato, produttività, profitto, non sono mai stati termini asettici o neutrali, ma hanno sempre definito affari e poteri concreti, persone in carne ed ossa. Invece, oggi tali interessi privati vengono esibiti come il bene comune della società. La contraddizione centrale è ancora quella che contrappone l’impresa capitalistica al mondo del lavoro. I lavoratori devono prendere coscienza che il vero problema risiede nel costo del capitale, nell’inasprimento delle condizioni di sfruttamento e nell’aumento del lavoro straordinario, nella crescente precarizzazione delle condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori, insomma nel sistema dell’alienazione capitalistica del lavoro operaio.

Negli ultimi mesi, gli effetti della recessione hanno spinto molti lavoratori, esposti alla minaccia dei licenziamenti, ad intraprendere forme di protesta. C’è l’operaio che tenta il suicidio perché non riesce ad arrivare alla metà del mese, ma ci sono anche casi di operai ribelli che scelgono di lottare strenuamente contro la crisi, che i padroni tentano di far pagare ai lavoratori. Contro i nuovi attacchi perpetrati dal sistema mafioso della FIAT, occorre far sentire tutta la solidarietà del proletariato italiano ed internazionale verso le iniziative di lotta intraprese dagli operai di Pomigliano, sottoposti all’ennesima criminalizzazione da parte della Fiat e dello Stato suo complice. E’ urgente schierarsi a fianco degli operai che lottano contro la crisi e lo sfruttamento in fabbrica, per non essere più vittime dell’ennesimo inganno perpetrato da governo, padroni e sindacati.

Lucio Garofalo


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Diverso da chi ?

Domenica 27 giugno dalle ore 19.00, presso il Parco Pertini di Arezzo, il Coordinamento Toscano dei Gruppi di Emergency, in collaborazione con l’Ass. Massimo Comune Denominatore, Popolo Viola Toscana, Arci, Coord. DiversiUguali, organizza il concerto di beneficenza DIVERSO DA CHI?

L’iniziativa vedrà la partecipazione de La Casa del Vento, Andrea Chimenti, Betti Barsantini (Alessandro Fiori e Marco Parente), Martinicca Boison (con Pier Francesco Bigazzi), Kabila.
Durante la serata interverranno per Emergency, portando la loro testimonianza, Marco Garatti, Matteo Dell’Aira e Matteo Pagani, i tre collaboratori di Emergency sequestrati e rilasciati dalla polizia afghana lo scorso aprile.

Nel 2003 Emergency ha lanciato la campagna “Fuori l’Italia dalla guerra” sostenendo che: “o l’Italia si tiene fuori dalla guerra o sarà impossibile tenere la guerra fuori dall’Italia”. A distanza di anni possiamo dire che, purtroppo, non ci stavamo sbagliando. E’ infatti oramai evidente che nel nostro Paese sia prevalente la cultura dell’odio, della discriminazione e della violenza. In poche parole una cultura di guerra.
Da questa constatazione nasce la nostra esigenza di azioni volte a promuovere fenomeni di integrazione sociale e di informazione e proprio in questa ottica, nell’aprile del 2006, Emergency ha aperto a Palermo un Poliambulatorio per garantire assistenza sanitaria gratuita ai migranti (con o senza permesso di soggiorno) e alle persone residenti in stato di bisogno.
I gruppi toscani di Emergency, riuniti in un coordinamento regionale, hanno deciso di sostenere, con azioni comuni, proprio questo Poliambulatorio, scelta che ha permesso e permetterà ai volontari di approfondire temi come l’immigrazione, l’integrazione, la convivenza, la partecipazione, il confronto con un’umanità che sbagliando, sempre più frequentemente, è definita “l’altro”.
Il concerto sarà ospitato all’interno della manifestazione Oggi sei rumeno, a testimonianza dello spirito di collaborazione interculturale dell’iniziativa, e delle associazioni coinvolte.
Per informazioni
info@emergencyarezzo.org
cell.3486186728


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Controinformazione sul fascismo amichevole, sulle ragioni di Gelli e sulla cattiva fede della Fiat che ha già pronto il Piano C

La massoneria piduista manda l’avviso di sfratto al governo dell’anestesia con un sottinteso: fallo sto fascismo, completa l’opera senza fare troppo il gigione…e fallo in fretta  prima che il caos finanziario diventi tremendamente economico e si ridia fiato a movimenti e ribellioni socialistoidi.

Non che un po’ di lavoro  il pagliaccio di Arcore non lo avesse fatto in quella direzione , sono anni che parliamo solo  di magistratura da metter all’angolo ed informazione da comprare o comprimere “…vi si producevano giornali spazzatura che contenevano solo sport, fatti di cronaca nera, oroscopi, romanzetti rosa, film stracolmi di sesso e canzonette sentimentali composte da una specie di caleidoscopio detto versificatore…” da “1984″, di George Orwell.

Per non dire dei tentativi – diversi anche riusciti  – di leggi sfascia costituzione.

Però il tutto aveva ed ha un sapore di affare esasperatamente personale ,  invece che di una pedissequa esecuzione di un piano reazionario come quello del maestro.

Gelli ha ragione : il fascismo o si attua compiutamente in tutte le sue forme ed in tutte le sue necessarie durezze e nefandezze , altrimenti non funziona !

Peraltro la strada stretta – un tempo – della reazione si era mano mano allargata con l’aiuto dei perfetti idioti  e/o dei complici della sinistra debole e confusa e piena di massoni che grosso modo ha mostrato di volere molte cose che andavano in quella direzione. Certo loro le chiedono con più ritegno e meno strappi, ma molti colpi di piccone li hanno messi a segno anche loro.

Un esempio? Il precariato è stato  introdotto da Treu, la riforma controriforma dell’autonomia scolastica l’ha anticipata Luigi Berlinguer, i CPT per segregare i migranti è una ideuzza della Turco Napolitano …

Ma l’esempio più grosso di lenta progressiva irresponsabile distruzione della Costituzione è l’attuale vicenda di  Pomigliano,  dove i lavoratori sono stati messi in condizione di subire un ricatto odioso : perdere il lavoro oppure diventare schiavi.

Cancellata la malattia ed il diritto di sciopero, turni massacranti ed anche un bel grazie al prode Marchionnne per aver gentilmente concesso di continuare a fare la Panda in Campania.

Ma il factotum della Fiat non vuole vincere, gli serve l’unanimità. Ed ecco che in soccorso si muovono tanti mediatori interessati alla cartina di tornasole Pomigliano.

Basta dare un’occhiata a cosa scrive Repubblica, sentire cosa dice in proposito Veltroni e Fassino e così via.

E tutto un bel partecipare all’accerchiamento del lavoratore per terrorizzarlo e costringerlo al si al referendum.  Ma è anche una occasione da non perdere per ristrutturare i rapporti aziendali, per sempre.

Ma neanche così la cosa è accettabile  per Marchionne, che deve imbarcare tutti altrimenti lo stabilimento non funziona come un orologio svizzero. Ed allora ecco pronto un piano C di cui ci mette al corrente il giornale di De Benedetti, che dà una mano a Marchionne: è la prova provata della cattiva fede e del retro pensiero di questa gentaglia che per decenni ha vissuto attaccato allo Stato – elergitore e che ora ha un solo scopo, distruggere il contratto nazionale, il diritto al lavoro, il sindacato.

Una volta per sempre.

Ecco come Repubblica ci mette sull’avviso: Marchionne pensa di chiudere e ripartire con una nuova società. La newco rileverebbe lo stabilimento e riassumerebbe i 5mila operai ma con il contratto aziendale che ricalca la proposta della Fiat

di ROBERTO MANIA

“Chiudere Pomigliano per rifondare Pomigliano. Perché c’è un “piano C” che sta prendendo corpo nel quartier generale della Fiat. È un’opzione che supererebbe tutte le sacche di resistenza della Fiom e dei Cobas destinate a riapparire comunque, sotto forma di una persistente microconflittualità, al di là delle dimensioni del sì al referendum di domani. Sarebbe lo strappo definitivo di Sergio Marchionne con l’attuale sistema di relazioni industriali.

Nelle sue linee generali il progetto è già stato buttato giù dai tecnici del Lingotto ed è molto semplice: costituire una nuova società, una newco, sempre controllata da Torino, alla quale sarà la Fiat a conferire le attività produttive di Pomigliano, cioè la fabbricazione della Panda. La Nuova Pomigliano, a quel punto, riassumerebbe, uno per uno, gli oltre cinquemila lavoratori con un nuovo contratto, quello scritto con l’ultimo accordo separato, con i turni di notte, di sabato e domenica; con meno pause, più straordinari e assenteismo ricondotto a livelli fisiologici. Ritmi da ciclo continuo. Ma soprattutto la certezza del rispetto delle nuove regole aziendali. Niente più contratto nazionale, niente più iscrizione della Nuova Pomigliano alla Confindustria. Niente più sindacato, forse. Il prato verde per ricominciare. È lo schema già adottato, per altre ragioni, con l’Alitalia: la bad company e la good company. Una cesura con il passato……

……..

Perché non è affatto detto che gli basti un plebiscito al referendum. Addirittura un sì all’80% potrebbe non essere sufficiente poiché – è evidente – non ci sarà alcuna garanzia che Pomigliano funzioni “come un orologio svizzero” (Marchionne docet). Se la Fiom non sarà della partita (il referendum puntava a farla rientrare) e minaccia pure il ricorso alle vie giudiziarie, l’efficienza dello stabilimento sarà sempre in bilico. Così traballa lo stesso progetto industriale.”

Il fascismo fu prima violenza e manganello e poi lento assuefarsi al conformismo.

Nel nostro caso attuale è l’inverso  :  prima la lenta anestesia posta in essere da questi alieni, lenta e devastante , utilizzando le droghe in commercio ( calcio e televisione) poi il lento picconare la casa copstituzionale, fino ad arrivare a mostrare i muscoli in corripondenza della fine del cinghialone, la cui vita politica è agli sgoccioli e sta per essere sostituito, anche se in gran parte il lavoro è stato fatto : una sorta quindi di fascismo friendly,  controllando i conflitti sociali sul nascere, niente olio di ricino ma una tenaglia collettiva di poteri forti e di interessi comuni per far ingurgitare modifiche che neanche Gelli aveva sperato di ottenere.

Un fascismo subìto sotto anestesia generale, che ormai va avanti per inerzia trovando un popolo – vasellina che non mostra dolore, in gran parte ancora anestetizzato.

L’unica avvertenza è che “il Silvio faccia meno il goliardico e sia  più determinato nell’instaurazione fascista, ecchecazzo!!!”

Crazyhorse70