LA CONOSCENZA RENDE LIBERI

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Smemorati

Come si sa, il Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita dal Parlamento italiano con la legge 211 del 20 luglio 2000, in ottemperanza alla proposta internazionale di dedicare il 27 gennaio alla commemorazione delle vittime dell’Olocausto. La scelta della data rievoca il 27 gennaio 1945, quando le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, rivelando al mondo intero l’orrore del genocidio nazista.

Il ricordo della Shoah è celebrato da molte nazioni e dall’ONU in ossequio alla risoluzione 60/7 del 1° novembre 2005. Il concetto di olocausto, dal greco holos, “completo”, e kaustos, “rogo”, come nelle offerte sacrificali, venne introdotto alla fine del XX secolo per indicare il tentativo nazista di eliminare i gruppi di persone “indesiderabili”: Ebrei ed altre etnie come Rom e Sinti, cioè gli zingari, comunisti, omosessuali, disabili e malati di mente, Testimoni di Geova, russi, polacchi ed altre popolazioni di origine slava.

Il vocabolo Shoah, che in lingua ebraica significa “distruzione”, o “desolazione”, o “calamità”, nell’accezione di una sciagura improvvisa e inattesa, è un’altra versione usata per indicare l’Olocausto. Molti Rom usano l’espressione Porajmos, ”grande divoramento”, o Samudaripen, ”genocidio”, per definire lo sterminio nazista. Sommando agli Ebrei queste categorie di persone il numero delle vittime del nazismo è stimabile tra i 10 e i 14 milioni di civili, e fino a 4 milioni di prigionieri di guerra.

Oggi il termine “olocausto” è usato anche per esprimere altri genocidi, avvenuti prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale, e designare qualsiasi strage volontaria e pianificata di vite umane, come quella causata da un conflitto atomico, da cui discende la voce “olocausto nucleare”. Talvolta la nozione di “olocausto” serve per descrivere il genocidio armeno e quello ellenico, che provocò lo sterminio di 2,5 milioni di cristiani da parte del governo nazionalista ottomano dei Giovani Turchi tra il 1915 e il 1923.

Tuttavia, con questo articolo mi preme resuscitare la memoria di altre terribili esperienze storiche in cui furono consumati orrendi eccidi di massa troppo spesso ignorati o dimenticati dai mass-media e dalla storiografia ufficiale. Mi riferisco in modo particolare allo sterminio perpetrato contro gli Indiani d’America e a quello contro i “Pellerossa” del nostro Sud, i briganti e i contadini ribelli del Regno delle Due Sicilie.

Dopo la scoperta del Nuovo Mondo ad opera di Cristoforo Colombo nel 1492, quando giunsero i primi coloni europei, il continente nordamericano era popolato da un milione di Pellerossa riuniti in 400 tribù e circa 300 famiglie linguistiche. Quando i coloni bianchi penetrarono nelle sterminate praterie abitate dai Pellerossa, praticarono una spietata caccia ai bisonti, il cui numero calò drasticamente rischiando l’estinzione. I cacciatori bianchi contribuirono allo sterminio dei nativi che non potevano vivere senza questi animali, da cui ricavavano cibo, pellicce ed altro. Ma la strage degli Indiani fu opera soprattutto dell’esercito statunitense che per espandersi all’interno del Nord America cacciò i nativi dalle loro terre attuando veri e propri massacri senza risparmiare donne e bambini. I Pellerossa furono letteralmente annientati attraverso uno spietato genocidio.

Oggi i nativi nordamericani non formano più una nazione, essendo stati espropriati della terra che abitavano, ma anche della memoria e dell’identità culturale. Infatti una parte di essi si è progressivamente integrata nella civiltà bianca, mentre un’altra parte vive ghettizzata in centinaia di riserve sparse nel territorio statunitense e in quello canadese.

Un destino comune, anche se in momenti e con dinamiche diverse, associa i Pellerossa ai Meridionali d’Italia. Questi furono definiti “Briganti”, vennero trucidati, torturati, incarcerati, umiliati. Si contarono 266 mila morti e 498 mila condannati. Uomini, donne, bambini e anziani subirono la stessa sorte. Processi manovrati o assenti, esecuzioni sommarie, confische dei beni. Ma i Meridionali erano cittadini di uno Stato molto ricco.

Il Piemonte dei Savoia era fortemente indebitato con Francia e Inghilterra, per cui doveva rimpinguare le proprie finanze. Il governo della monarchia sabauda, guidato dallo scaltro e cinico Camillo Benso conte di Cavour, progettò la più grande rapina della storia moderna: cominciò a denigrare il popolo Meridionale per poi asservirlo invadendone il territorio: il Regno delle Due Sicilie, lo Stato più civile e pacifico d’Europa. Nessuno venne in nostro soccorso. Solo alcuni fedeli mercenari Svizzeri rimasero a combattere fino all’ultimo sugli spalti di Gaeta, sino alla capitolazione.

I vincitori furono spietati. Imposero tasse altissime, rastrellarono gli uomini per il servizio di leva obbligatoria (facoltativo nel Regno delle Due Sicilie); si comportarono vigliaccamente verso la popolazione e verso il regolare ma disciolto esercito borbonico, che insorsero. Ebbe inizio la rivolta dei Briganti Meridionali. Le leggi repressive furono simili a quelle emanate a discapito dei Pellerossa. Le bande di briganti che lottavano per la loro terra avevano un pizzico di dignità e di ideali, combattevano un nemico invasore grazie anche al sostegno delle masse popolari e contadine, deluse e tradite dalle false promesse concesse dall’“eroico” pirata, mercenario e massone, Giuseppe Garibaldi.

Contrariamente ad altre interpretazioni, non intendo assolutamente comparare il fenomeno del Brigantaggio meridionale post-unitario alla Resistenza partigiana del 1943-1945. Per varie ragioni, anzitutto perché nel primo caso si trattò di una vile e barbara aggressione militare, di una guerra di rapina e di conquista che ebbe una durata molto più lunga della guerra civile tra fascisti e antifascisti: l’intero decennio dal 1860 al 1870.

I briganti meridionali furono costretti ad ingaggiare un’aspra e strenua resistenza che ha provocato eccidi spaventosi, in cui vennero trucidati centinaia di migliaia di contadini e di briganti, persino donne, anziani e bambini, insomma un vero e proprio genocidio perpetrato contro le popolazioni del Sud Italia. Una guerra conclusasi tragicamente, dando luogo al fenomeno dell’emigrazione di massa dei contadini meridionali. Un esodo di proporzioni bibliche, paragonabile alla diaspora del popolo ebraico. Infatti, i meridionali sono sparsi nel mondo ad ogni latitudine e in ogni angolo del pianeta, hanno messo radici ovunque, facendo la fortuna di numerose nazioni: Argentina, Venezuela, Uruguay, Brasile, Stati Uniti d’America, Svizzera, Belgio, Germania, Australia, e così via.

Se si intende equiparare ad altre esperienze storiche la triste vicenda del brigantaggio e la feroce repressione sofferta dal popolo meridionale, credo che l’accostamento più giusto sia quello con la storia dei Pellerossa e le guerre indiane combattute nello stesso periodo, vale a dire verso la fine del XIX secolo. Guerre sanguinose che hanno causato stragi e delitti raccapriccianti contro i nativi nordamericani. Un genocidio ignorato o dimenticato, come quello consumato a discapito del popolo dell’Italia meridionale.

Nel contempo condivido solo in minima parte il giudizio, forse oltremodo drastico e perentorio, probabilmente unilaterale, che attiene al carattere anacronistico, codino e antiprogressista, delle ragioni storiche, politiche e sociali, che furono all’origine della lotta di resistenza combattuta dai briganti meridionali. In politica ciò che è vecchio è quasi sempre retrivo e conservatore. E’ in parte vero che dietro le imprese e le azioni di guerriglia compiute dai briganti si riparavano gli interessi di un blocco reazionario, filo-borbonico, sanfedista e filo-clericale. Tuttavia, inviterei ad approfondire le motivazioni e le spinte che animarono la strenua resistenza dei briganti contro gli invasori sabaudi.

Non intendo annoiare i lettori con le cifre sui numerosi primati detenuti dalla monarchia borbonica e dal Regno delle Due Sicilie in ampi settori dell’economia, dell’assistenza sanitaria, dell’istruzione e via discorrendo, né mi sembra opportuno esternare sciocchi sentimenti di nostalgia verso una società arcaica, dispotica e aristocratico-feudale, quindi verso un passato di barbarie e oscurantismo, ingiustizia ed oppressione, sfruttamento e asservimento delle plebi rurali del nostro Sud. Ma un dato è certo: la dinastia sabauda era senza dubbio più rozza, retriva e ignorante, meno moderna e progredita di quella borbonica. Il Regno delle Due Sicilie era uno Stato molto più ricco e avanzato del Regno dei Savoia, tant’è vero che costituiva un boccone appetibile per le maggiori potenze europee del tempo, Francia e Inghilterra in testa. Questo è un tema estremamente vasto, complesso e controverso, che esige un approfondimento adeguato.

Concludo con una rapida chiosa circa le presunte tendenze progressiste incarnate nei processi di creazione e unificazione degli Stati nazionali nel XIX secolo e nella costruzione dell’odierno Stato europeo. Non mi pare che tali processi abbiano spinto e assicurato un autentico progresso sociale, ideale, morale e civile, ma hanno favorito uno sviluppo prettamente economico ad esclusivo vantaggio delle classi dominanti e possidenti. Intendo dire che l’unificazione dei mercati e dei capitali, prima a livello nazionale ed ora a livello europeo, non coincide con l’integrazione dei popoli e delle culture, siano esse locali, regionali o nazionali. Ovviamente le forze autenticamente progressiste e rivoluzionarie, devono puntare a raggiungere il secondo traguardo.

Lucio Garofalo


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Fascisti e partigiani non sono uguali di fronte alla storia!

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Nessuno si senta escluso dalla storia, nessuno si senta offeso, ma tutti sappiano e non facciano finta di dimenticarlo che la storia dà torto e dà ragione

recita così la bella canzone di De Gregori,  ascoltatela si chiama La storia,  ed è un giusto antipasto, per chi gradisce,  di questo post.

***

Tra un lodo ed un condono mentre l’opinione pubblica è distratta ad arte dai temi economici che scottano, tutte cose  tralasciate  da un governo dannoso e nullafacente –  ecco che alcuni provano a far passare nel silenzio improponibili parificazioni storiche ed arditi revisionismi.

Conoscete un paese d’Europa che si sia sognato anche lontanamente di riabilitare i collaborazionisti della repubblica fantoccio di Vichy, i franchisti spagnoli o i nazisti tedeschi?

Ebbene si, lo conoscete benissimo perchè ci vivete dentro:  è l’Italia di Berlusconi che prova a far passare in cavalleria un vera e propria riscrittura della storia italiana cercando di non far troppo rumore, sì che la sinistra dormiente non si svegli e se ne accorga.

Aveva iniziato l’ineffabile La Russa che tempo fa chiedeva di “accomunare i morti (della seconda Guerra Mondiale ndr) di entrambe le parti”.

Poi hanno pensato bene di trovare un parlamentare non troppo schierato e quindi sperabilmente insospettabile per fargli fare il cavallo di Troia ed hanno trovato Lucio Berani del nuovo Psi. Ma vi rendete conto? Un  socialista che si presta a proporre una legge per i fascisti…e l’hanno messo primo firmatario del disegno di legge 1360 del Pdl.

Piccola parentesi storica.

Di socialisti traditori se ne trovano anceh in passato, prionti a vendersi al potere della controparte, come fece del resto lo stesso loro duce che tanti anni prima aveva tradito la causa del socialismo. Che aspettarsi quindi da gente che ha costruito le porprie fortune sul tradimento e sull’opportunismo?

Mussolini da direttore de L’Avanti era in poco tempo divenuto il braccio armato del potere , utile a frenare con la forza dei propi sgherri e con la compiacenza delle forze dell’ordine, le prime richieste sindacali ed i primi scioperi del biennio 1919-1921, le attività dei rossi0 e dei bianchi – esistevano anche sindacati cattolici –  che atterrirono la borghesia latifondista ed industriale del tempo che pensò bene di inventarsi un Mussolini alla bisogna. Certo che,  fatto il lavoro sporco,  non se ne andò subito ma questa è un’ altra storia.

Tornando al disegno di legge 1360 è chiaro che ormai le loro intenzioni le hanno messe  nero su bianco: riabilitare i fascisti e il fascismo in modo da equipararlo per legge in tutto e per tutto alla resistenza partigiana.

Nel disegno di legge, si vuole istituire l’Ordine del Tricolore che assegna indistintamente ai partigiani, ai deportati, ai militari, ai combattenti della Repubblica di Salò e nientepopodimeno che alle CAMICIE NERE (il testo apre infatti la porta anche alla legittimazione per tutti coloro che facevano parte delle formazioni che facevano riferimento alla Rsi) lo status di combattente e addirittura un vitalizio che peserà per 200 milioni di euro l’anno a partire dal 2009 e che ovviamente saranno pagati dai cittadini.

I neo fascisti oggi al potere (a questo punto non si possono utilizzare più giri di parole), continuano ad alzare il tiro, dopo che nella loro storia hanno conquistato , innanzitutto, l’amnistia di Togliatti del 22 giugno 1946.

Tale atto  comprendeva i reati comuni e politici, compresi quelli di collaborazionismo con il nemico e reati annessi ivi compreso il concorso in omicidio, pene allora punibili fino ad un massimo di cinque anni, i reati commessi al Sud dopo l’8 settembre 1943 e l’inizio dell’occupazione militare alleata al Centro e al Nord.

Poi nonostante le disposizioni transitorie in Costituzione hanno avuto concessa la legittimazione democratica immediata attraverso la possibilità di presentare l’Msi in Parlamento (partito fondato il 26 dicembre 1946 proprio dai reduci della Repubblica Sociale Italiana).

Dalla metà degli anni ’90, dopo il “bagno” di Fiuggi ( ma la maggioranza dei camerati non si è nemmeno inumidita i piedi ) e la creazione di A.N. , hanno ottenuto lo sdoganamento completo da Arcore con innumerevoli Ministeri e incarichi governativi ad esponenti di dubbio spessore democratico e passato di “picchiatori” di Alleanza Nazionale. Infine la presidenza della Camera – terza carica dello Stato – all’ex fascista Gianfranco Fini, l’unico che oggi si  adopera nel tentativo di dimostrare il proprio approdo ai lidi della democrazia.

Il resto dei suoi ex colonnelli si sono bagnati piuttosto con lo champagne di Arcore e sono rimasti quelli di sempre solo che han capito che mentre il loro ex capo era stato preso dal virus della destra moderna, era meglio reggere la coda direttamente a Berlusconi, molto più potente ed in grado di soddisfarne gli appetiti.

Piccatissime le repliche. La più autorevole è di Giuliano Vassalli, classe 1915, arrestato e torturato durante il fascismo, presidente emerito della Corte Costituzionale, secondo cui “è assolutamente chiaro che c’è stata la continuità dello Stato anche dopo l’8 settembre e la caduta del fascismo. E non si può riconoscere a chi ha contrastato lo stato italiano sovrano schierandosi con la Repubblica sociale il titolo di combattente. La Cassazione è chiara in merito. Tutte quelle pronunce sono concordi nel definire i repubblichini come nemici“.

Scioccata anche l’Anpi (l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani) che parla di un “ennesimo tentativo della destra di sovvertire la Storia d’Italia e le radici stesse della Repubblica“.

Si spera che parlandone qualcuno si svegli dal sonno.

Crazyhorse70


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Il comunismo é peggio del nazismo

scheletrorossoAlcuni di voi hanno farneticato sulla maggiore nobiltà ideale del comunismo rispetto al nazismo o addirittura al nazifascismo.

Il fascismo nemmeno lo metto a confronto  che é vergognoso solo l’accostamento tra una idea criminale ed una parte più che dignitosa con qualche errore della storia del nostro paese .

Questa sporca e tremenda idea ottocentesca chiamata comunismo, invece, non solo nella sua esecuzione  ha visto un numero di morti almeno 10 volte superiori al nazismo,  ma anche nella teoria  fondante é uguale se non peggio del nazismo.

Ed anzi per esser più chiari possibile  vi dico che entrambi mi creerebbero grossi problemi , ma dovendo scegliere col fucile puntato, preferirei e di molto vivere nella germania nazista che nella russia rossa.

Il comunismo è criminale nella sua teoria della lotta di classe che spinge all’odio di classe ed alla distruzione fisica della classe borghese , in questo  proponimento è già scritto lo sterminio che poi è avvenuto contro la borghesia ma anche contro i contadini , classe povera ma vogliosa di mantenere una piccola proprietà privata quindi pericolosa e non utile alla funzione della collettivizzazione .anticomun2

I Kulachi non si sottomisero obbedienti e furono sterminati come classe sociale , un genocidio identico a quello ebraico.

Bimbi e bimbette varie : sturatevi le orecchie e togliete il prosciutto dagli occhi.

Nel libro nero del comunismo , opera fondamentale che ha svelato le vergogne,  si adoperano con intelligenza gli studi recenti basati sulla nuova documentazione archivistica adesso disponibile e ciò è stato universalmente riconosciuto come un grande nuovo contributo storico ( vedi il giudizio positivo di Norberto Bobbio )  come anche si ammette che  in effetti non si dice niente di nuovo né di sconvolgente rispetto a quanto già non si sapeva.

Ma lo si dice e  lo si fa bene .

Il punto è proprio questo, questo è il “reato politico” che disturba le notti dei nostri agitati “rivoluzionari” da 4 soldi in ogni parte del mondo.

Perchè loro avevano bisogno di credere che sì , certo , qualche errore  commesso , qualche nefandezza  perpetrata , ma loro in sostanza sono i buoni e con buoni  ideali ( é il senso di colpa cattolico, mi han spiegato dei mie amici psicologi ) e stanno dalla parte giusta del mondo.

E invece no, siete sempre stati dalla parte sbagliata , del torto marcio e delle nefandezze , sin dalla teoria , che non era buona un paio di balle , era ed è una teoria di sterminio annunciato ed anzi preordinato.

pansaPiccola parentesi italiana.

Il luogo comune asfissiante ipocrita e falso della “repubblica italiana democratica ed antifascista”, il rito stantio  declamato da panciuti ladri assassini bianchi e  rossi il 25 aprile il 1° maggio il 2 giugno di ogni  anno da sessant’anni.

Questo schifo è ciò che si oppose e si oppone alla verità dei fatti, non i dati obiettivi ma il rito perpetuato per perpetuare il potere ( più che altro e per fortuna solo culturale  , vedi   La storia d’Italia che nessuno racconta….) del sistema cattocomunista.

Come per i testi di Pansa lo scandalo é nell’aver osato parlare chiaramente ed a voce alta in modo sistematico e storicamente credibile di cose che andavano dette per decenni a voce bassa, con vergogna,  in modo sghembo,  strascicato , un pò occultato.

E subito la casta degli storici del regime “democratico ed antifascista ”  cresciuti  e pasciuti coi soldi pubblici in 50 anni di ricorrenze e riti e  foraggiati coi nostri contributi si scandalizza a comando e piovono critiche, che non contestano mai i dati ma lo scopo – secondo loro propagandistico  – di Berlusconi che lo ha politicamene rilanciato facendolo divenire un record editoriale.Anticomunismo2

Chisse ne frega dello scopo : guardiamo i dati ed i fatti.

Nel libro  in realtà c’é un solo punto che è poco documentato.  Sono le cento pagine della seconda parte dedicate al Comintern, assolutamente inadeguate, tanto come documentazione quanto sul piano delle ipotesi interpretative, rispetto alla letteratura esistente sulle varie Internazioinali susseguitesi nel tempo

Nel merito.  Si parte dopo lo ” scandalo dei numeri ” che lascio alla fine  , con la periodizzazione interna alla storia “criminale” del comunismo sovietico, si  mostrano  i rapporti di continuità e discontinuità tra le varie fasi dei cicli repressivi: il primo, che si dispiega tra il 1917 e il 1922 e abbraccia al suo interno l’intera guerra civile; il secondo, caratterizzato dall’offensiva contro i contadini nel contesto della battaglia interna ai vertici del partito; poi il Grande Terrore del 1936-38, seguito dalla repressione del tempo di guerra (1940-45) e infine gli ultimi anni del dominio staliniano, fino alla morte del dittatore.

Come ha dimostrato la parte curata da Courtois invero , in tutti questi periodi e fasi della storia il terrore criminale non è già un aspetto fondamentale del comunismo, da affiancare con maggiore rilevanza a quelli più volte suggeriti dalla storiografia (l’economia pianificata, il sistema monopartitico, l’ideologia statale), ma la vera e unica essenza del comunismo, ribadendo quanto qui già anticipato sullo sterminio preordinato delle classi avverse al proletariato.

La teorizzazione del terrore e del crimine politico è evidente sin dalla teoria e si trova anche in dichiarazioni come questa di Lenin sulla  ghigliottina e le torture ottocentesche.

Sono tutte “arti” in cui i bolscevichi andranno oltre e fu Lenin stesso a richiamare il precedente come esempio da superare: «La ghigliottina non era che uno spauracchio che spezzava la resistenza attiva. Questo non basta. Noi non dobbiamo solo spaventare i capitalisti, cioè far loro dimenticare l’idea di una resistenza attiva contro di esso. Noi dobbiamo spezzare anche la loro resistenza passiva». Dalla ghigliottina al Gulag, appunto.

Il terrore è stato fin dall’origine , quindi , una delle dimensioni fondamentali del comunismo moderno e come evidenziato anche da altri ( Furet ) va considerata  quella criminale come una delle dimensioni proprie del sistema comunista nel suo insieme , tesi che si accosta a quella di S. Courtois sul carattere monoliticamente criminale del comunismo

controil cheInfine i numeri con cui Courtois ha caratterizzato il libro nero.

Questa e l’ultima parte sono scritte direttamente da Courtois ed espongono le sue conclusioni, fornendo un riepilogo del numero di morti: URSS venti milioni, Cina sessantacinque milioni, Vietnam un milione, Corea del Nord due milioni, Cambogia due milioni, Europa dell’est un milione, America latina centocinquantamila, Africa un milione e settecentomila, Afghanistan un milione e cinquecentomila, movimento comunista internazionale e partiti comunisti non al potere diecimila. Per un totale di poco inferiore ai novantacinque milioni di morti.

Successivamente indica le principali fasi della repressione che in Unione Sovietica sono: fucilazione di decine di migliaia di persone imprigionate senza essere state sottoposte a giudizio e massacro di centinaia di migliaia di operai e di contadini insorti fra il 1918 e il 1922; deportazione ed eliminazione dei cosacchi del Don nel 1920; carestia russa del 1921-1923, che ha provocato la morte di 5 milioni di persone; assassinio di decine di migliaia di persone nei campi di concentramento fra il 1918 e il 1930; deportazione di 2 milioni di kulaki (o presunti tali) nel 1930-1932; sterminio di 6 milioni di ucraini nel 1932-1933 per carestia indotta e non soccorsa (Holodomor); eliminazione di quasi 690 mila persone durante la grandi purghe del 1937-1938; deportazione di centinaia di migliaia di polacchi, ucraini, baltici, moldavi, bessarabi, tedeschi, tatari, ceceni e ingusci negli anni fra il 1939 e il 1945.

Conclusione :  nella  prassi  il  Comunismo é stato peggio del nazismo,  in teoria  entrambe  le ideologie teorizzavano lo sterminio.

Se il nazismo mirava a costituire una società di razza pura, il comunismo mirava a costituire una società di proletari, depurata di ogni rimasuglio borghese.

Ed anzi i comunisti, con più coerenza criminale dei nazisti,  han fatto fuori certosinamente tutti i loro bersagli,  senza risparmiarsi nulla e così  andando fino in fondo nella cosiddetta pulizia di classe.

Mediolungo


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Olimpiadi Città del Messico 1968 : gli storici pugni chiusi e mano guantata di nero di due atleti americani, il saluto delle Black Panters

Stuzzicata da un commento nel post precedente vorrei ricordare che le Olimpiadi possono diventare anche un messaggio politico…..o almeno gli atleti possono , volendo, non far finta di niente o peggio far finta che tutto sia OK .

Nel 1968 a Città del Messico i due velocisti neri Tommie Smith e John Carlos con pugni chiusi e mano guantata di nero, che era il simbolo della lotta delle Black Panters, salutarono così sul podio dei vincitori per ricordare i morti negli scontri dei primi di ottobre nella stessa città.

Furono i giochi più politicizzati della storia.
La foto dei due atleti sul podio ha fatto il giro del mondo ed è ormai nei libri di storia.
Forse è poco, ma molti sanno dei morti e degli scontri proprio grazie al loro semplicissimo gesto.

Anche Oriana Fallaci , ferita lei stessa durante gli scontri tra esercito e studenti da una raffica di mitra in piazza Tlatelolco di Città del Messico , parla delle stragi nel suo libro in Niente e così sia, che uscirà nel 1969.

Per saperne di più, qui sotto una scheda di approfondimento su queste pagine di sangue e sulle reazioni degli atleti olimpici dopo il gesto dei due velocisti sul podio.

A Città del Messico il 3 ottobre 1968 la piazza di Tlatelolco (ribattezzata piazza delle Tre culture) è ricoperta da centinaia di morti: sono quasi tutti studenti. A ordinare una feroce sparatoria è stato il presidente Gustavo Diaz Ortaz. L’esercito ha sparato dagli elicotteri e dai tetti del ministero degli Esteri

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Franca Corradini