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Ad Arezzo, città dell’oro alla mensa Caritas ventimila pasti in un anno

Dalla Nazione di Arezzo di ieri :

senzatetto Arezzo, 20 dicembre 2008 – Dormono sotto due cartoni. Due cartoni spesso reali, tirati, come una coperta, fino ai piedi. Ma mangiano alla mensa di piazza Giotto. La mensa dei poveri, una piccola macchina da cucina che da sola sforna ogni anno oltre tredicimila pasti. Che poi diventano ventimila considerando anche le mense serali invernali e quella estiva.

Una tavolata infinita, sul cui legno è incisa l’odissea di un’altra Arezzo. Sul legno e sulle pagine del rapporto elaborato con cura da Gabriele Chianucci e che ieri la Caritas ha messo a disposizione della città. Perché sappia. E magari perché capisca. “E ancora non è niente – commentano la direttrice suor Rosalba Sacchi e il vicedirettore Alessandro Buti – perché abbiamo sempre più l’impressione che il sommerso sia ancora più grande”. Il sommerso di quanti non hanno la forza di chiedere aiuto. E evitano quelle mense.

Qualche tempo fa ( quasi due anni fa ormai )  avevo scritto un pezzo sui Nuovi Poveri.

Lo ripropongo qui sotto. Io abito ad Arezzo ed il sentore di questo fenomeno lo avevo già avuto per esperienza diretta.

Arezzo è la città degli orafi, la città dell’oro.

La gente gira con catene d’oro al collo, bracciali pesantissimi per mostrare  ( o meglio mettere in mostra ) il proprio benessere.

Parallelamente a questi atteggiamenti che io reputo volgari ed offensivi, ci sono i dati riportati nell’articolo della Nazione.

Ecco il mio vecchio pezzo.

Sono pendolare ed ogni mattina esco di casa quando ancora è buio per arrivare alla stazione e prendere il mio bel Trenitalia , se c’è , se è in orario …ma questo è un altro argomento.

Pur essendo ancora un po’ tra le braccia di Morfeo , mi capita di notare , sempre più spesso rispetto agli anni scorsi , che nei cassonetti della spazzatura s’agita qualcosa .

Le prime volte mi spaventavo non capendo da dove e da cosa provenisse il rumore.

Poi ho visto ed adesso cerco di girare alla larga.

Soprattutto per non incrociare lo sguardo di chi nel cassonetto sta cercando nei rifiuti degli altri risorse per se stesso , dal cibo agli abiti a piccoli oggetti.

Non sono barboni o quantomeno non hanno l’aspetto esteriore che è nel nostro immaginario collettivo.

Sono persone anziane semplici e dignitose, che al passaggio di un auto o di un ciclista fingono di gettare un sacchetto dentro il cassonetto.

Il loro imbarazzo fa male al cuore.

Franca Corradini